Caro Piero,
mi dispiace di non essere stato presente al tuo funerale, ad accompagnarti nei tuoi ultimi passi al luogo del non ritorno.
Al mare, dove mi trovavo, con una grande tristezza nel cuore, guardando l'incresparsi dell'acqua ed ascoltandone lo sciabordio, il mio pensiero è andato a ritroso nel tempo, un lungo viaggio a ricercare l'inizio della nostra amicizia. L'inizio non l'ho rintracciato, non era possibile, perché ci conosciamo da sempre, siamo quasi coetanei, nati e cresciuti a Intra, abitavamo vicini; il fiume San Giovanni era la nostra casa, il dialetto la nostra lingua.
La montagna è arrivata in seguito; casualmente una domenica (forse era l'anno 1952) ci siamo ritrovati al Pizzo Marona: io ero solo, tu con Enrico “il Capitano”. Parlavamo del più e del meno, ma sopratutto dell'ambiente in cui ci trovavamo. Tu possedevi un libretto, ritrovato chissà dove, una specie di manuale di arrampicata che spiegava l'utilizzo di corde, di nodi, di assicurazioni, di chiodi. Un vero tesoro, in mano alla persona giusta. Ci appassionammo all'idea di metterci alla prova su un terreno roccioso e decidemmo di tentare subito, la domenica successiva, di mettere in pratica le indicazioni del tuo manuale, sui sassi del Morissolo.
Da quel giorno è nato per noi l'alpinismo vero.
Ti ricordi Piero? Le nostre uscite di esplorazione a ricercare pareti rocciose su cui arrampicarci (precursori del moderno “free climber”) si intensificarono; ci cimentavamo a Rovegro, ai sassi degli alpeggi sopra Intragna (che pomposamente chiamavamo “Sasso lungo”), alle pendici del Massone. Qui avevamo individuato una guglia che ci aveva proprio intrigato. L'avevamo denominata “campanile 2 giugno”, perché l'avevamo scoperta in quella data e la raggiungevamo da Ornavasso, dove lasciavamo la bicicletta, dopo una lunga scarpinata, carichi come asini; ci divertivamo a ricercare passaggi sempre più difficili e impegnativi con l'entusiasmo e la forza dei nostri 18 anni e ci scappò anche una caduta, con la brutta frattura della spalla che riuscisti a recuperare solo grazie alla tua proverbiale determinazione e costanza.

Da qui le nostre aspirazioni alpinistiche si sono fatte sempre più ambiziose; il nostro obiettivo divenne il Monte Rosa. Dopo essere stati costretti a rinunciare alla salita alla Nordend per la Cresta di Santa Caterina (peraltro effettuata assieme dieci anni dopo), non demordemmo, (con te non era possibile!) e proponesti un altro itinerario: si ritorna a Macugnaga, si dorme in una baita, il giorno dopo si raggiunge il rifugio Marinelli per salire alla Dufour per il canalone Marinelli. Partenza in piena notte, attraversata del canalone, salita nel buio, errore nella direzione di salita. La luce del nuovo giorno ce lo denunciò, eravamo su una nervatura rocciosa che porta alla Nordend. Le condizioni atmosferiche erano repentinamente peggiorate, ci investì una bufera di vento e neve che non ci impedì comunque, pur con estrema difficoltà, di uscire sulla cresta a 150 mt. dalla vetta della Nordend e scendere al Silbersattel e da qui alla Capanna Bétemps (solo successivamente avremmo appreso di aver aperto una via nuova) e poi il ritorno a Macugnaga per il passo Jacchini, sempre sotto la tempesta di neve e di vento e poi sotto una pioggia scrosciante: una dura avventura, al limite del rocambolesco (ne combinammo di tutti i colori).
Caro Piero, come si fa a non ricordare con emozione, ora che te ne sei andato, questo nostro vissuto in montagna, i tanti momenti di allegria che abbiamo condiviso, grazie alla tua facezia e intelligente ironia? Come quella volta che volevamo salire alla Weissmies con gli sci, dopo averli portati, legati sulla bicicletta (e non era la MTB) per tutta la valle Antrona da Intra e le tante altre salite su roccia e con gli sci? Come non ricordare, divenuti istruttori nazionali, tutti gli anni passati insieme a far funzionare, con tanti altri soci, la scuola di alpinismo, i corsi di sci e di sci alpinismo della nostra Sezione CAI. Come non ricordare la tua didattica chiara, seria, precisa, puntuale; la tua capacità di coinvolgere tanti giovani, di motivarli, di affiancarli in ogni difficoltà, la tua costante disponibilità ad accompagnarli su tanti itinerari, a trasmettere loro l'etica dell'andare in montagna, a condividere i tuoi saperi? Come non ricordare il tuo costante, qualificato, rigoroso impegno e lavoro per la nostra Sezione, in tutti gli ambiti, anche i più ostici, e per il rifugio al Piancavallone?
Grazie Piero, sei stato un grande, simpatico compagno di viaggio, un insostituibile punto di riferimento, un maestro di vita e di montagna

as vegum
Tino