Diversi anni fa mi era capitato di sentir parlare dell’Emilius come di una montagna spettacolare, da salire per l’impareggiabile panorama che si gode dalla sua cima.
Dopo che un tentativo di ascesa come “escursionista fai da te” era fallito per un erroneo calcolo delle distanze e dei tempi di Il CAI Verbano al Monte Emilius: in cammino da Pila verso il lago Chamolèpercorrenza,  la proposta inserita nel programma del CAI Verbano mi era parsa un’occasione imperdibile. Avrei potuto concretizzare un sogno insieme a persone che, fin da i primi timidi approcci, si erano mostrate disponibili nei miei confronti e aperte a una relazione di amicizia.
Era stata pianificata una escursione di due giorni, destinati l’uno al viaggio in pullman fino a Pila e al raggiungimento del Rifugio Arbolle, luogo scelto per il pernottamento, e l’altro al grande balzo fino a quota 3559, oppure a una diversa meta, rispondente  ad esigenze,  interessi, condizioni fisiche di ciascuno con successivo ritorno a casa.
Sabato 21 agosto siamo partiti sotto i migliori auspici: previsioni meteo che assicuravano bel tempo, una numerosa comitiva con partecipanti di età compresa tra i dieci anni e gli ...anta ( desinenza onnicomprensiva valida fino a cento),  uno staff dirigenziale di tutto rispetto.
Il CAI Verbano al Monte Emilius: il Lago di ChamolèAbbiamo incominciato a camminare nel bosco ombreggiato. I nostri piedi calpestavano  un sentiero battuto nel corso dei secoli da chissà quanta gente: mandriani con il bestiame, mercanti in transito dall’una all’altra valle, romantici viaggiatori, pellegrini, fuggiaschi... quando improvvisamente ci siamo imbattuti un diverso modo di accostare la montagna, con discese a rotta di collo in mountaine bike.
Non più silenzio, ascolto, contemplazione, riflessione  ma velocità, competizione, brivido, rischio.
Al Lago di Chamolè  abbiamo recuperato l’identità della montagna a misura di famiglia. Le rive attorno allo specchio d’acqua pullulavano di gitanti attratti dal contatto diretto con gli elementi della natura: aria permeata di effluvi balsamici delle conifere e del sottobosco di ginepro,  terra ammantata di prati e di fiori, acque ancora oggi “chiare, fresche, dolci”. Il CAI Verbano al Monte Emilius: stupenda vista dal Colle Chamolè sulla piana di Arbolle con il suo lagoCi siamo uniti a loro per consumare il pranzo e prepararci ad affrontare in pieno vigore la salita al colle Chamolè. Da questo osservatorio privilegiato abbiamo ammirato la sottostante piana di Abolle nella varietà di un  paesaggio  in cui il Rifugio si inserisce come armonioso prototipo di architettura montana.
Varcata la soglia, ci siamo sentiti a perfetto agio in un ambiente pulito ed accogliente, stuzzicati dai profumini della cucina, liberi di esplorare il mondo circostante.
La cena, consumata  in un clima caloroso e ciarliero, è stata seguita, dopo la comunicazione dell’orario di sveglia da parte del capogita, dalla ritirata di ciascuno nella propria stanza, salvo qualche caso di giovanile intemperanza.
Il CAI Verbano al Monte Emilius: il Rifugio di ArbolleE’ ancora buio, ma qualcuno con passo felpato già si aggira nel corridoio; albeggia ma, zaini in spalla, la fila di oltre trenta persone si accinge a partire, salutata da Venere che ammicca con sfavillante scintillio. Alla luce del giorno l’Emilius si mostra con sembianze regali: una mole superba di roccia ambrata chiazzata dal bianco dell’ultima neve si proietta nell’azzurro terso e sconfinato. Dopo aver percorso un vallone detritico e aver risalito un pendio morenico, ci si aspetta di veder apparire il Lago Gelato, invece spuntano...corna! Sono due, quattro, sei, otto ... si fatica a contarle. Un branco di stambecchi con piccoli al seguito bruca indisturbato a pochi passi da noi, incurante di una così sfacciata violazione della privacy.
Nonostante il sentiero sistemato di recente agevoli l’incedere, la salita è erta; si  incomincia ad avvertire la fatica e i Tre cappuccini, insediati sul colle come sentinelle incaricate di controllare l’accesso alla Grande montagna, sembrano irraggiungibili.
Il CAI Verbano al Monte Emilius: il Colle dei Tre Cappuccini e il Monte EmiliusInvece, passo dopo passo, balzo dopo balzo, su roccia o per sfasciumi, tutti toccano la cima. La Madonnina assiste alle espressioni di incontenibile soddisfazione personale per il traguardo raggiunto e alla esplosione di gioia corale, che unisce in un commovente e fraterno abbraccio. Sfilano sotto i nostri occhi i colossi delle Alpi, il Rosa, il Gran Combin, il Cervino, il Bianco, la Grivola, il Gran Paradiso, attorniati da cime altrettanto prestigiose, punte di diamante di una corona  che si dispiega su pareti e ghiacciai, massicci e catene,  pascoli d’alta quota e malghe, strade e villaggi, fino alla città di Aosta adagiata a fondovalle.
Nessuno lo vorrebbe, ma si deve scendere.
Al Rifugio la comitiva si ricompatta;  i compagni di ritorno da altre escursioni, come il Col Garin balcone affacciato sull’adiacente Valle di Cogne, o  da passeggiate  nella pace di Arbolle sono altrettanto soddisfatti e gratificati.
E’ stata vissuta un’esperienza significativa. Onore al merito a chi ha predisposto il programma, organizzato la gita, guidato la salita Il CAI Verbano sul Monte Emilius: foto di gruppo sul montecon competenza tecnica, alleviato i momenti di difficoltà con pillole di saggezza; gratitudine a Chi ha regalato due giornate di quelle che, nel corso di una intera stagione, si contano sulle dita di una mano.
Anche questa volta a chi, venuto a conoscenza di questa mia ennesima “scarpinata”, con malcelato compatimento  commenterà che una montagna vale l’altra, saprò come rispondere.
In ogni caso, anche se non mi fossi mossa dal Rifugio, sarebbe valsa la pena arrivare fin qui.
La sera dell’arrivo mi sono affacciata alla finestra della camera e ho dato un’occhiata al Lago, uno dei tanti disseminati sulle Alpi, e al banalissimo versante montuoso che mi stava davanti. I bagliori del sole al tramonto indoravano la cima Garin, esaltandone i profili, plasmandone le rotondità, evidenziandone le sporgenze, in attesa che le ombre cupe, debordanti dal fondo delle valli e dei canali, si estendessero a velare ogni cosa. Un riverbero di luce pioveva sul Lago, per donargli il colore inusuale dei sedimenti depositati sul fondo, delle pietre che si rispecchiavano nelle sue acque, dell’erba che lambiva le sue rive. La brezza increspava la superficie con lievi onde d’argento.
E lassù un gregge; le pecore, come rispondendo a un segnale convenuto, si separano, poi si riallineano e nuovamente si disperdono con un vagabondare apparentemente senza senso alla ricerca di qualcosa , molto somigliante all’umano errare.
Percezioni uniche, emozioni indimenticabili.

Le foto dell'escursione